Spesso mi capita di parlare con parenti e amici della difficoltà a far addormentare i propri figli. Continua a leggere
Di donne e pi greco
Editoriale Scienza
8 e 14 marzo. A distanza di 6 giorni ricordiamo quanto di più irrazionale e trascendente esista al mondo:
donne e pi greco.
Due misteri che tanti uomini hanno cercato di conoscere, svelare, descrivere, definire negli ultimi 4000 anni.
Ma ormai noi uomini abbiamo capito che non c’è nulla da fare.
Per quanto precisi cerchiamo di essere nel definire queste due … “entità”, c’è sempre un qualcosa che ci sfugge … una cifra, uno sguardo, una parola, un’emozione, un impercettibile silenzio …
L’occasione di parlare di questi due affascinanti enigmi me la offre un libro:
“Tutti in festa con pi greco” di Anna Cerasoli, editoriale scienza,
in cui con arguta e divertita semplicità veniamo guidati in un viaggio alla scoperta di questo “numero” originalissimo (e invitati a giocarci attraverso varie attività).
Libro che consiglio di leggere insieme ai vostri figli, lasciandovi stimolare anche a percorrere le tante strade secondarie (storia, arte, scienza, geografia…) che suggerisce.
All’inizio del libro si legge ” …E’ un ottima occasione per festeggiarla e per scoprire quanto questa materia sia presente nella nostra vita quotidiana …”
… una frase che si potrebbe benissimo associare alla donna.
Donne e pi greco si incontrano in alcune storie affascinanti.
La prima. Tra il 1943 e il 1946 vengono realizzati i primi calcolatori della storia: Colossus ed ENIAC.
Colossus fu la prima macchina costruita per sconfiggere Enigma, il sistema con cui i nazisti codificavano i loro messaggi. Accanto ad un gruppo di menti brillanti, tra cui Alan Turing, lavorarono più di 10.000 persone, di cui quasi il 70% erano donne.
leggi qui: le donne del Colossus
Poco dopo, 6 donne (Kay Mauchley Antonelli, Jean Bartik, Betty Holberton, Marlyn Meltzer, Frances Spence, e Ruth Teitelbaum) vennero scelte per programmare ENIAC, considerato il primo calcolatore digitale della storia. Nessuno, prima di loro, era stato in grado di programmarlo per svolgere azioni complesse.
Loro ci riuscirono.
leggi qui: le donne dell’ENIAC
Bene, dovete sapere che ENIAC fu utilizzato nel 1949 da John Von Neumann per calcolare il valore della costante pi greco con un numero di cifre per allora assolutamente straordinario: 2037.
John von Neumann |
A proposito non ho ricordato che la costante pi greco è uguale al rapporto (appunto costante) tra la lunghezza della circonferenza di un cerchio e quella del suo diametro.
lunghezza circonferenza : lunghezza diametro = pi greco
Una delle proprietà più importanti di un cerchio è che tra tutte le figure chiuse di uguale perimetro, il cerchio è quella che racchiude la massima superficie.
A quanto pare questo lo sapeva bene una donna famosa, Didone.
La fenicia Didone, arriva in Tunisia e chiede al re un pezzo di terra per fondare una città. Il re le risponde che le concederà tanto territorio quanto ne conterrà una pelle di bue. L’astuta Didone fa tagliare la pelle di bue a striscioline e le cuce una dietro l’altra in modo da ottenere una corda che poi distende al suolo a forma di cerchio.
Nasce così Cartagine.
Il pi greco, numero misterioso della circolarità e sfericità, a quanto pare le donne ce l’hanno dentro…
… e a volte riescono ad esprimerlo anche in versi.
La poetessa polacca Wislawa Szymborska, premio Nobel per la letteratura nel 1996, ha addirittura dedicato una poesia al pi greco:
Il grande pi greco
Degno di meraviglia è il numero pi greco
tre virgola uno quattro uno.
Le sue cifre seguenti sono ancora tutte iniziali,
cinque nove due, perché non ha mai fine.
Non si fa abbracciare sei cinque tre cinque con lo sguardo,
otto nove con il calcolo,
sette nove con l’immaginazione,
e neppure tre due tre otto per scherzo, o per paragone
quattro sei con qualsiasi cosa
due sei quattro tre al mondo.
Il più lungo serpente terrestre dopo una dozzina di metri s’interrompe.
Così pure, anche se un po’ più tardi, fanno i serpenti delle favole.
La fila delle cifre che compongono il numero Pi greco
non si ferma al margine del foglio,
riesce a proseguire sul tavolo, nell’aria,
su per il muro, il ramo, il nido, le nuvole, diritto nel cielo,
per tutto il cielo atmosferico e stratosferico.
Oh come è corta, quasi quanto quella di un topo, la coda della cometa!
Quanto è debole il raggio di una stella, che s’incurva nello spazio!
Ed ecco invece due tre quindici trecento diciannove
il mio numero di telefono il tuo numero di camicia
l’anno mille novecento settanta tre sesto piano
numero di abitanti sessanta cinque centesimi
giro dei fianchi due dita una sciarada e una cifra,
in cui vola vola e canta, mio usignolo
e si prega di mantenere la calma,
e così il cielo e la terra passeranno,
ma il Pi greco no, quello no,
lui sempre col suo bravo ancora cinque,
un non qualsiasi otto,
un non ultimo sette,
stimolando, oh sì, stimolando la pigra eternità
a durare.
Buona festa della donna e del pi greco a tutte.
Le avventure di Pitagora e del suo teorema
Editoriale scienza
Cosa c’è di più famoso e noto, quando parliamo di matematica, del Teorema di Pitagora.
Frotte di studenti che nei secoli hanno imparato a memoria l’enunciato e ripetono con ritmo cantilenante:
“In ogni triangolo rettangolo il quadrato costruito sull’ipotenusa è equivalente alla somma dei quadrati costruiti sui cateti”.
Quelli un pochino più scafati magari riescono anche a dimostrarlo e qualcuno riesce anche a motivarlo senza ricorrere ala frase mortale “C’è scritto sul libro” che lo squalificherà per sempre. C’è scritto sul libro …ma lo sapete che sono state classificate più di 300 dimostrazioni diverse?
La leggenda dice che Pitagora scoprì il teorema guardando una piastrella quadrata rotta a metà (lungo la diagonale) del pavimento della sala d’aspetto mentre spettava di essere ricevuto dal tiranno di Samo Policrate.
E’ una bella leggenda che ci dice che la matematica è dappertutto intorno a noi. Basta guardare con occhi curiosi e immaginazione…
Ma l’ha poi davvero scoperto lui questo teorema?
E chi era Pitagora?
Sapete che era bellissimo e veniva chiamato “il chiomato di Samo” per via dei suoi lunghi capelli (tipo Brad Pitt nel film Troy) e si diceva che discendeva da Apollo?
E’ già si può essere belli e intelligenti contemporaneamente. Anche se il messaggio attuale diffuso dai media vuole dirvi che non è possibile Pitagora è qui a ricordarcelo per sempre.
E che era sì greco, ma figlio di un mercante fenicio (oggi diremmo libanese) e per questo motivo aveva il viaggio nel sangue: Tito, Babilonia, Menfi, Heliopolis.
Sapete che vietava di mangiare le fave?
Addirittura la leggenda dice che, durante una rivolta contro i pitagorici, in fuga verso Metaponto, si sia lasciato alla fine catturare per non attraversare un campo di fave…
Se questo articolo vi ha mosso un poco di curiosità ecco un bel libro che fa per voi:
Pitagora e il numero maledetto di Luca Novelli, editoriale scienza.
E’ uno tra i molti di una collana di biografie di famosi scienziati che si chiama “Lampi di genio”.
Pensato proprio perché sia letto direttamente da un ragazzo ma è divertente anche leggerlo insieme a vostro figlio (e magari fare l’esperienza liberatoria di capire cose che avevate accuratamente rimosso perché odiose e noiose).
Mio figlio ha pure fotocopiato la cartina geografica e si è divertito a colorarla tutta e a ripercorrere i viaggi del “Chiomato di Samo”.
Ah dimenticavo il numero maledetto citato nel titolo è il numero irrazionale √2, “cugino povero” del più famoso π (pi greco).
Anche questa è una storia intrigante…
Io non sono come gli altri
la margherita edizioni
Spesso accorgerci di non essere come gli altri ci mette a disagio. Ci sentiamo fuori non integrati, stonati, e istintivamente cerchiamo di adeguarci, uniformarci, dileguarci nella moltitudine. Tutto sommato ci fa sentire al sicuro, protetti essere come gli altri, essere circondati da persone come noi. Una volta era più facile. Le comunità e gli stili di vita erano molto più omogenee e la diversità veniva un po’ emarginata e confinata. Oppure tollerata come eccentricità.
Lo scemo del villaggio o l’artista.
Oggi viviamo in una società aperta, multitutto e dai mille punti di vista in cui l’individualità è spinta al massimo. Ciò che conto sono io, ciò che io desidero, sento, penso, scelgo. Possiamo immaginarci e costruirci come vogliamo. Come un omino lego.
Selezioniamo le nostre caratteristiche fisiche (ecchecivuoleoggi).
Prendiamo dallo scaffale il barattolo di sugo spirituale che preferiamo (c’è di tutto dal prodotto di marca, al marchio tradizionale, al prodotto discount ci sono anche quelli che ti regalano i punti e con 1000 hai un posto nell’aldilà).
Dovrebbe essere più semplice parlare di originalità e diversità.
Invece.
Archimede,gianluigi,basilio,ruggero,ulisse e tobia,ennio,giovanni maria,ettore,orietta,penelope,filippo,nanà,orazio,dario,mirella,
vercingetorige,ludovico,margherita,luigino,beniamino
C’é chi dice che le persone siano divise in due gruppi: quelle attirate dall’uguale a sé e quelle attirate dal diverso da sé.
Fermo restando che non c’è motivo di giudicare una propensione migliore dell’altra, tu da che parte stai?
La geometria del faraone
Emme Edizioni
Quante volte ci siamo sentiti a disagio di fronte alla matematica.
Formule, numeri, calcoli.
Una pizza infinita e una sconfortante sensazione di sentirci stupidi perché non capiamo cosa stiamo facendo e perché lo stiamo facendo.
Fare cose ripetitive e senza capirne il senso non è forse da stupidi? E non è forse giusto che i nostri ragazzi si ribellino?
E noi come rispondiamo a questa giusta ribellione dei nostri figli?
Spesso con frasi come “fa bene al cervello” o “tu non sai perché ma ti servirà un giorno”, “a volte bisogna fare anche le cose che non piacciono”.
E così la matematica invece di contribuire a creare ragazzi svegli li abitua a fare senza capire, a fare perché bisogna, ad assecondare passivamente le richieste degli adulti.
Ci sono passato anche io e per molto molto tempo visto che ho addirittura una laurea in matematica.
Questo libro è una ottima opportunità per ribaltare tutto. Azzerare. Cambiare completamente approccio.
La Geometria del faraone di Anna Cerasoli con illustrazioni di Desideria Guicciardini, Emme Edizioni.
Perché?
Perché innanzitutto è una bella storia che parla dell’antico Egitto, di un faraone e delle piramidi. Parla dei terribili coccodrilli del Nilo e di un gruppo di bambini che partono per un viaggio coraggioso lungo il grande fiume alla volta di Tebe, la città celeste come la chiamavano i greci. Alla ricerca del loro papà.
Il padre del piccolo Ames e dei suoi fratelli era un “Arpedonapta”, un “tenditore di funi”. Era il custode del segreto dell’angolo retto e non si muoveva mai senza la sua preziosa corda di 12 nodi (come mai proprio 12 nodi?). Tracciare angoli retti, costruire rette perpendicolari, delimitare campi quadrati era a quei tempi un’arte le cui conoscenze erano gelosamente custodite.
Il secondo perché.
Leggere questa storia permette di affrontare con semplicità (e direi senza ansia da “oddioesemiofigliosiaccorgechenoncapisconentedimatematicachefiguracifaccio?) alcuni concetti base della geometria come l’angolo retto, il cerchio e il quadrato. E capirli. Non imparare a memoria una definizione, ma capire.
Terzo perché: pensate a quanti percorsi suggerisce questo libro alla nostra curiosità. L’Antico Egitto e la figura del faraone, le piramidi e i loro segreti, il fiume Nilo e le sue piene, il papiro, gli scribi e i numeri egiziani, i giochi dei bambini di allora, i coccodrilli del Nilo.
E’ un libro di facile lettura che può essere proposto ad un bambino di 8 anni ma perché non leggerlo insieme, genitori e figli, in un viaggio alla scoperta di alcuni antichissimi concetti alla base della geometria. Magari qualche adulto … dopo tanto tempo … fa la pace con la matematica.
Provate.
A proposito, se la lettura vi è piaciuta, provate a scoprire quanti nodi dovremmo aggiungere ad una corda di 12 nodi per farne un’altra più lunga con cui tracciare sempre angoli retti?
P.S. io l’ho comprato anche perché le illustrazioni sono di Desideria Guicciardini, ricordate il Papà Pittore? http://genitorilettori.it/2013/05/il-papa-pittore.html
La buonanotte di un papà speciale
Lapis
Il più lontano ricordo che ho è di una sera a letto, mio padre seduto vicino a me che legge una storia della buonanotte: Come fu che al leopardo vennero le macchie. Si intitola così.
E’ un ricordo sfocato, velato. Un’immagine ricostruita con pezzi presi chissà dove negli angoli della memoria e combinati insieme. Ingegneria del riciclo.
Ma é un ricordo che custodisco gelosamente.
Un bimbo che ascolta attento. Un Padre che legge una storia.
Questo, guarda un po’ la coincidenza, è uno dei racconti che Rudyard Kipling raccontava, senza mai cambiare un dettaglio o una parola, così si dice, ogni sera a sua figlia Josephine e che giorno dopo giorno ha fissato nella sua testa prima e sulla carta poi, raccogliendoli in un libro:
Storie proprio così
classico della letteratura per l’infanzia, prima narrato e poi scritto, che io ho da poco acquistato nella nuova edizione Lapis.
Ho riletto subito la storia del leopardo.
Mi ha emozionato.
E l’ho trovata alquanto attuale!
Racconta della necessità di cambiare, muoversi, spostarsi, per sopravvivere. Della scelta di affrontare un nuovo mondo, del tutto diverso e completamente sconosciuto, e di imparare ad adattarsi. Per continuare a vivere.
Tra le dodici storie della buonanotte, che hanno tutte un animale per protagonista e ci parlano dell’inizio dei tempi, ce ne sono due in cui la protagonista è una bambina (e il suo papà).
Si intitolano “Come fu scritta la prima lettera” e “come fu inventato l’alfabeto”.
Raccontano di come le lettere dell’alfabeto, e quindi la scrittura, siano nate da un gioco tra una bambina e il suo papà, sulla riva di un fiume, e il loro segno ispirato da cose quotidiane come un pesce, i panni stesi, un uovo, una bocca …
La piccola Taffimai Metallumai incide i suoni su una corteccia, così come rima di lei altri uomini avevano inciso la natura. Un gesto artistico prima che tecnologico.
E’ una storia meno banale di ciò che sembra.
C’è tutto ciò che serve per la crescita di un bambino.
La relazione affettiva con un adulto, il contatto con la natura, il gioco, il tempo…
Un dettaglio.
Non so se è un caso ma ho notato che la prima storia (Perchè la balena ha la gola così) inizia con “C’era una volta …” e l’ultima storia (La farfalla che batteva il piede) termina con ” … dove vissero per sempre felici e contenti”.
Il che, insieme alla continua narrazione ripetuta, mi fa pensare a questo libro come ad una versione in miniatura de “Le mille e una notte” (sarà anche per le sue ambientazioni esotiche).
Un bel regalo per voi e i vostri figli.