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Io non sono come gli altri

Io non sono come gli altri Book Cover Io non sono come gli altri
Janik Coat
la margherita edizioni

Spesso accorgerci di non essere come gli altri ci mette a disagio. Ci sentiamo fuori non integrati, stonati, e istintivamente cerchiamo di adeguarci, uniformarci, dileguarci nella moltitudine. Tutto sommato ci fa sentire al sicuro, protetti essere come gli altri, essere circondati da persone come noi.   Una volta era più facile. Le comunità e gli stili di vita erano molto più omogenee e la diversità veniva un po’ emarginata e confinata. Oppure tollerata come eccentricità.

Lo scemo del villaggio o l’artista.

Oggi viviamo in una società aperta, multitutto e dai mille punti di vista in cui l’individualità è spinta al massimo. Ciò che conto sono io, ciò che io desidero, sento, penso, scelgo. Possiamo immaginarci e costruirci come vogliamo. Come un omino lego.

Selezioniamo le nostre caratteristiche fisiche (ecchecivuoleoggi).

Prendiamo dallo scaffale il barattolo di sugo spirituale che preferiamo (c’è di tutto dal prodotto di marca, al marchio tradizionale, al prodotto discount ci sono anche quelli che ti regalano i punti e con 1000 hai un posto nell’aldilà).

 

Dovrebbe essere più semplice parlare di originalità e diversità.

Invece.

 

Archimede,gianluigi,basilio,ruggero,ulisse e tobia,ennio,giovanni maria,ettore,orietta,penelope,filippo,nanà,orazio,dario,mirella,
vercingetorige,ludovico,margherita,luigino,beniamino

 

C’é chi dice che le persone siano divise in due gruppi: quelle attirate dall’uguale a sé e quelle attirate dal diverso da sé.

Fermo restando che non c’è motivo di giudicare una propensione migliore dell’altra, tu da che parte stai?

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Riconoscersi

Riconoscersi di nuovo – L’orso che non c’era

L'orso che non c'era Book Cover L'orso che non c'era
Oren Lavie e Wolf Erlbruch
edizioni e/o

La figura dell’orso, più di quella di ogni altro animale, è utilizzata dagli uomini per raccontare miti e leggende e storie. Se ci guardiamo intorno, tra libri (troppo lungo qui elencare anche solo quelli usciti nel 2014), cartoni animati (guardavate Yoghi e Bubu o Napo orso Capo?), film (come quello indimenticabile di Jean Jaques Annaud, ma anche il recentissimo Paddington) e pupazzi di peluche siamo letteralmente circondati da una moltitudine di orsi.

Come mai? Cosa ci troviamo nell’orso? Cosa ci comunica? Cosa riconosciamo in lui e tramandiamo da secoli? Googleando (o googlando?) per la rete ho trovato un bell’articolo del professor Franco Cardini (http://www.centrostudilaruna.it/simbolismodellorso.html) che tratta del simbolismo dell’orso.
Leggendo scopro che la simbologia dell’orso, nata tra i popoli nordici, è passata alla cultura greca. Famoso il mito di Callisto, trasformata prima da Artemide in un’orsa e poi da Zeus nella costellazione dell’orsa maggiore…

mito di donne, dee, orse e stelle…

(per inciso suo padre Licaone fu trasformato da Zeus in Lupo).
Dai greci è arrivata poi fino a nostri giorni, sfiorando la Bibbia e alcune leggende cristiane medievali.

Mentre scrivo mi torna in mente che qualche mese fa ho letto con il mio Francesco un classico della letteratura italiana del ‘900 come “L’invasione degli orsi in Sicilia” di Buzzati, i cui non c’è iù differenza tra uomini ed orsi.
Rimane indubbiamente interessante come questa figura, simpatica e feroce, familiare e primitiva continui ad esercitare una forte attrazione e si presti benissimo a sostituire l’essere umano nei racconti per bambini e ragazzi.

Tra i molti libri, con orsi come protagonisti, che ho acquistato negli ultimi 12 mesi, last but not least c’è questo:
“L’orso che non c’era” di Oren Lavie e Wolf Erlbruch, edizioni e/o

La storia è già particolare fin dall’inizio. Infatti racconta di un orso che nasce … da un prurito! In prurito che aveva bisogno di una grattatina.
Il prurito trova qualcosa di concreto cui appoggiarsi, un albero, e, mentre si gratta contro la sua corteccia, cresce e finché “…dove prima non c’era nessun orso, fece la sua comparsa un Orso che Non C’era!“.
E’ quello che capita anche noi, a pensarci bene, quando  nuovi “pruriti” , desideri, sogni, trovano un appiglio e iniziano a prendere forma a crescere, “incarnarsi”, e generano qualcosa di nuovo.
Dopo un sorriso di compiacimento (ma com’è reso bene da quel tratto rosso), la prima domanda che l’Orso che Non C’era si pone è: “Sono forse il primo o sono l’ultimo?”.
Già. Ciò che io sono ora, è per la prima volta ciò che sono veramente, o è solo l’ultimo di una serie di cambiamenti?  E’ l’ultimo nel senso del più recente oppure ce ne saranno ancora?

E’ il desiderio di ogni cammino di ricerca: scoprire chi siamo veramente. Cercare l’autentico sé.
Quando compare un nuovo “noi”, accanto alla sorpresa della novità sentiamo che questo cambiamento non ha cancellato ciò che siamo stati. Non è un punto zero. C’è un prima.

Cambiamo continuando a rimanere noi stessi (vecchio motto che non smette di accompagnarci nei nostri cammini di ricerca, fin dai primi frammenti dei filosofi presocratici)
Infatti l’Orso che Non C’era scopre di “avere una tasca” e, pescando dentro di sé, trova un pezzo di carta ripiegato con scritto: “Tu sei me?”.
La domanda delle domande. Qui formulata come se noi guardassimo questo nuovo noi stessi, come un essere separato, altro da noi:

Tu sei me?

Già … questo nuovo me stesso che compare davanti a me, sono sempre io? Come faccio a saperlo?
L’Orso che Non C’era, continuando a leggere il biglietto, scopre tre indizi, tre punti fermi che lo identificano.
Pesca dentro di sé, nel suo passato, ciò che permane, in ogni cambiamento: la sua identità.

Il desiderio di sapere se “lui è ciò che i tre indizi gli indicano” lo mette in cammino. Deve sapere.
E così l’Orso che Non C’è inizia un viaggio nella Fantastica Foresta alla ricerca dei tre indizi.
Sarà nell’incontro con l’Altro, nella storia sono altri animali che incontra nella foresta, che scoprirà la verità sui tre indizi. E’ solo nella relazione con l’altro che noi scopriamo la verità su noi stessi. Non c’è altra strada. Possiamo allenarci alle più sofisticate tecniche di meditazione, pensiero, analisi. Ma se stiamo da soli, se non viviamo incontri e relazioni, non scopriremo chi siamo.

Al termine di questo cammino nella Foresta Fantastica l’Orso che Non C’era ritrova la sua casa. Entra, si guarda allo specchio e sorridde.
Si ri-conosce.
E si vede ancora più bello di prima.

Non siamo noi a decidere di cambiare. La vita ci cambia continuamente.
Noi possiamo però porci delle domande e lasciarci portare da queste, metterci in cammino, alla ricerca di noi stessi.

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Pezzettino

Pezzettino Book Cover Pezzettino
Leo Lionni
Babalibri

Pezzettino è in cerca della propria identità. È talmente piccolino, infatti, confronto ai suoi amici - tutti grandi e grossi, capaci di volare, nuotare, arrampicarsi - che si convince di essere un pezzetto di qualcun'altro. Così comincia una ricerca che, alla fine, lo porterà a esclamare al colmo dello stupore e della felicità: "Io sono me stesso!".

Pezzettino è in cerca della propria identità. È talmente piccolino, infatti, confronto ai suoi amici – tutti grandi e grossi, capaci di volare, nuotare, arrampicarsi – che si convince di essere un pezzetto di qualcun’altro. Così comincia una ricerca che, alla fine, lo porterà a esclamare al colmo dello stupore e della felicità: “Io sono me stesso!”.

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Un pesce è un pesce

Un pesce è un pesce Book Cover Un pesce è un pesce
Leo Lionni
Babalibri

La storia di un'amicizia tra un girino e un pesciolino che sott'acqua si "vedono" crescere, ma la rana è anfibia e può, con grande dispiacere del pesce, godere di acqua e di terra e così scoprire di poter appartenere a mondi diversi. Anche gli amici possono provare invidia, ma non possono sfidare le leggi della natura: fuoriuscire dal proprio habitat e rischiare la vita è una mossa maldestra ma istruttiva per accettare e valorizzare la propria condizione. Un pesce è un pesce.

Non so spiegarvi esattamente cosa, in questo libro, affascini tanto mio figlio. Però ne è letteralmente stregato.
Me l’hanno regalato quando aveva circa cinque anni. Ancora oggi, alla sua “veneranda” età, se putacaso una sera non disponiamo della consueta mezz’ora o più di tempo, mi chiede sistematicamente di leggergli “Un pesce è un pesce”.
Questo perché gli piace da impazzire, e anche perché sa che scorre in appena dieci minuti, anche meno. Il libro è sicuramente adatto ai bimbi che non sanno ancora leggere: è abitato da illustrazioni coloratissime, surreali e inconsuete che attirano l’attenzione dei più piccolini; il testo è breve, semplice ma significativo.

Cosa insegna questo libro? Che un pesce è un pesce, ovviamente! Ok, d’accordo, sarò più specifica… Prendiamo due bambini, amici fin dalla culla, che crescono assieme, fanno gli stessi giochi, manifestano identiche abilità. Supponiamo, però, che a un certo punto uno dei due diventi più bravo a giocare a pallone o più spigliato nel parlare. Immaginiamo che sappia già allacciarsi le scarpe, o che impari a leggere precocemente e magari a ballare l’hip hop mentre l’altro/l’altra no. Mettiamo il caso che riesca ad imparare la poesia di Natale in cinque minuti o a tirare su in pochi istanti una villa a tre piani con le costruzioni o magari a farsi la doccia da solo/a…
Cosa succede al bambino/a che è “rimasto indietro”? Naturalmente desidera emulare l’esistenza dell’amico/a perchè gli appare più interessante della sua, ma non è detto che ci riesca. E’ altrettanto naturale che ciò possa causare attriti, rotture, litigi o addirittura invidia.

I protagonisti della storia sono un pesciolino e un girino, amici inseparabili fin quando a quest’ultimo non spuntano le zampette.
“Guarda!”, disse, “Sono una rana!”
“Sciocchezze”, disse il pesciolino, “Come fai ad essere una rana se fino a ieri eri un pesce proprio come me!”
Litigarono e litigarono finché alla fine il girino disse:
“Le rane sono rane e i pesci sono pesci”.

La storia di un’amicizia tra un girino e un pesciolino che sott’acqua si “vedono” crescere, ma la rana è anfibia e può, con grande dispiacere del pesce, godere di acqua e di terra e così scoprire di poter appartenere a mondi diversi. Anche gli amici possono provare invidia, ma non possono sfidare le leggi della natura: fuoriuscire dal proprio habitat e rischiare la vita è una mossa maldestra ma istruttiva per accettare e valorizzare la propria condizione. Un pesce è un pesce.

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La cosa più importante

La cosa più importante Book Cover La cosa più importante
Antonella Abbatiello
Fatatrac

Qual è la cosa più importante per un animale del bosco? La lunga proboscide, il collo lungo, gli aculei? Tutti, ma proprio tutti, hanno delle caratteristiche che li rendono importanti ed essenziali alla vita del bosco. Tutti, nella loro diversità e nella loro bellezza, devono saper vivere insieme ed apprezzarsi.

Qual è la cosa più importante per un animale del bosco? La lunga proboscide, il collo lungo, gli aculei? Tutti, ma proprio tutti, hanno delle caratteristiche che li rendono importanti ed essenziali alla vita del bosco. Tutti, nella loro diversità e nella loro bellezza, devono saper vivere insieme ed apprezzarsi.

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