edizioni e/o
La figura dell’orso, più di quella di ogni altro animale, è utilizzata dagli uomini per raccontare miti e leggende e storie. Se ci guardiamo intorno, tra libri (troppo lungo qui elencare anche solo quelli usciti nel 2014), cartoni animati (guardavate Yoghi e Bubu o Napo orso Capo?), film (come quello indimenticabile di Jean Jaques Annaud, ma anche il recentissimo Paddington) e pupazzi di peluche siamo letteralmente circondati da una moltitudine di orsi.
Come mai? Cosa ci troviamo nell’orso? Cosa ci comunica? Cosa riconosciamo in lui e tramandiamo da secoli? Googleando (o googlando?) per la rete ho trovato un bell’articolo del professor Franco Cardini (http://www.centrostudilaruna.it/simbolismodellorso.html) che tratta del simbolismo dell’orso.
Leggendo scopro che la simbologia dell’orso, nata tra i popoli nordici, è passata alla cultura greca. Famoso il mito di Callisto, trasformata prima da Artemide in un’orsa e poi da Zeus nella costellazione dell’orsa maggiore…
mito di donne, dee, orse e stelle…
(per inciso suo padre Licaone fu trasformato da Zeus in Lupo).
Dai greci è arrivata poi fino a nostri giorni, sfiorando la Bibbia e alcune leggende cristiane medievali.
Mentre scrivo mi torna in mente che qualche mese fa ho letto con il mio Francesco un classico della letteratura italiana del ‘900 come “L’invasione degli orsi in Sicilia” di Buzzati, i cui non c’è iù differenza tra uomini ed orsi.
Rimane indubbiamente interessante come questa figura, simpatica e feroce, familiare e primitiva continui ad esercitare una forte attrazione e si presti benissimo a sostituire l’essere umano nei racconti per bambini e ragazzi.
Tra i molti libri, con orsi come protagonisti, che ho acquistato negli ultimi 12 mesi, last but not least c’è questo:
“L’orso che non c’era” di Oren Lavie e Wolf Erlbruch, edizioni e/o
La storia è già particolare fin dall’inizio. Infatti racconta di un orso che nasce … da un prurito! In prurito che aveva bisogno di una grattatina.
Il prurito trova qualcosa di concreto cui appoggiarsi, un albero, e, mentre si gratta contro la sua corteccia, cresce e finché “…dove prima non c’era nessun orso, fece la sua comparsa un Orso che Non C’era!“.
E’ quello che capita anche noi, a pensarci bene, quando nuovi “pruriti” , desideri, sogni, trovano un appiglio e iniziano a prendere forma a crescere, “incarnarsi”, e generano qualcosa di nuovo.
Dopo un sorriso di compiacimento (ma com’è reso bene da quel tratto rosso), la prima domanda che l’Orso che Non C’era si pone è: “Sono forse il primo o sono l’ultimo?”.
Già. Ciò che io sono ora, è per la prima volta ciò che sono veramente, o è solo l’ultimo di una serie di cambiamenti? E’ l’ultimo nel senso del più recente oppure ce ne saranno ancora?
E’ il desiderio di ogni cammino di ricerca: scoprire chi siamo veramente. Cercare l’autentico sé.
Quando compare un nuovo “noi”, accanto alla sorpresa della novità sentiamo che questo cambiamento non ha cancellato ciò che siamo stati. Non è un punto zero. C’è un prima.
Cambiamo continuando a rimanere noi stessi (vecchio motto che non smette di accompagnarci nei nostri cammini di ricerca, fin dai primi frammenti dei filosofi presocratici)
Infatti l’Orso che Non C’era scopre di “avere una tasca” e, pescando dentro di sé, trova un pezzo di carta ripiegato con scritto: “Tu sei me?”.
La domanda delle domande. Qui formulata come se noi guardassimo questo nuovo noi stessi, come un essere separato, altro da noi:
Tu sei me?
Già … questo nuovo me stesso che compare davanti a me, sono sempre io? Come faccio a saperlo?
L’Orso che Non C’era, continuando a leggere il biglietto, scopre tre indizi, tre punti fermi che lo identificano.
Pesca dentro di sé, nel suo passato, ciò che permane, in ogni cambiamento: la sua identità.
Il desiderio di sapere se “lui è ciò che i tre indizi gli indicano” lo mette in cammino. Deve sapere.
E così l’Orso che Non C’è inizia un viaggio nella Fantastica Foresta alla ricerca dei tre indizi.
Sarà nell’incontro con l’Altro, nella storia sono altri animali che incontra nella foresta, che scoprirà la verità sui tre indizi. E’ solo nella relazione con l’altro che noi scopriamo la verità su noi stessi. Non c’è altra strada. Possiamo allenarci alle più sofisticate tecniche di meditazione, pensiero, analisi. Ma se stiamo da soli, se non viviamo incontri e relazioni, non scopriremo chi siamo.
Al termine di questo cammino nella Foresta Fantastica l’Orso che Non C’era ritrova la sua casa. Entra, si guarda allo specchio e sorridde.
Si ri-conosce.
E si vede ancora più bello di prima.
Non siamo noi a decidere di cambiare. La vita ci cambia continuamente.
Noi possiamo però porci delle domande e lasciarci portare da queste, metterci in cammino, alla ricerca di noi stessi.