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il mare e la luna

Il Mare e la luna

LEONARDO E LA MAREA Book Cover LEONARDO E LA MAREA
Marco Malvaldi e Samantha Bruzzone Illustrazioni di Desideria Guicciardini
Editori Laterza

A volte penso che se dovessi incrociare il viso di un essere umano mentre, affascinato e rapito, contempla lo spettacolo della natura, non riuscirei a capire se è sto guardando uno scienziato o un poeta.
La capacità di osservare (anche le piccole cose), di porsi domande (e di pensare che non ci sono domande stupide ma solo domande), di meravigliarsi e di percepire e godere la bellezza dell’universo, la creatività nel porsi domande e la semplicità d’animo nel seguirle sono atteggiamenti dello spirito e della mente comune ad entrambi.

Entrambi cercano di entrare in contatto con i segreti della natura e con le leggi che la governano. Entrambi imparano a convivere col mistero e con la bellezza.

Mi piace pensare che lunghe notti a guardare il cielo stellato abbiano, per esempio, portato alla nascita della geometria (segmenti, poligoni, angoli, figure…) o che la prima idea di atomo sia stata suggerita da granelli di sabbia alzati dal vento.

D’altronde proprio Gianni Rodari in “Grammatica della fantasia”  dice: «Le fiabe servono alla matematica come la matematica serve alle fiabe».

e ancora: «Occorre una grande fantasia, una forte immaginazione per essere un grande scienziato, per immaginare cose che non esistono ancora, per immaginare un mondo migliore di quello in cui viviamo e mettersi a lavorare per costruirlo ».

In questi giorni ho letto ai miei bimbi un libro che mescola con successo poesia e scienza, ricerca e contemplazione

Leonardo e la marea di Marco Malvaldi e Samantha Bruzzone, Editori Laterza.

Per dirla tutta sono stato subito attirato dal fatto che è illustrato da Desideria Guicciardini e cioè colei che ha illustrato il papà pittore di Pinin carpi di cui sono innamorato.
Ma poi sono stato piacevolmente conquistato anche dal racconto. Un bel racconto.

Leonardo e la mamma vanno in spiaggia.
E già qui la fantasia viaggia. Perché non è la solita spiaggia coltivata a filari di ombrelloni, sotto i quali si tostano lentamente i turisti, ben imburrati di creme solari e infarciti di focaccia, gelato e cocco. Sì sapete quelle spiagge condominio (e di fatti spesso ci sono anche le riunioni condominiali)
No, è una spiaggia vasta e libera, protetta da una fitta pineta con qualche ombrellone qua e là e il piccolo chiosco dei gelati della signora Michela.
In base ai miei limitati trascorsi marittimi direi una spiaggia del litorale maremmano.
Tutto nasce dalla capacità di Leonardo di farsi e fare una domanda: Perché sulla spiaggia ci sono tutti questi legnetti?”
Tutto nasce dalla capacità della mamma di non lasciare cadere la domanda e inventarsi una storia.

«Vedi, Leonardo, è il mare che di notte porta tutti questi tesori alla luna. Tutte le notti, quando è buio e non c’è nessuno, il mare si sente solo. L’unica cosa che vede è la luna, e così se ne innamora. Allora, visto che non c’è nessuno, cerca di raggiungerla.»

Un modo poetico di raccontare la marea.
Il mare che si innamora della luna. Mi sembra di tornare alle Metamorfosi di Ovidio e agli amori della mitologia greca.
Questa risposta genera stupore e curiosità e apre a nuove domande che porteranno il piccolo Leonardo, tra scienza e poesia, a scoprire la legge delle maree e la forza di gravità.
La sua curiosità lo porterà fino al limite, alla frontiera tra ciò che si sa e che non si sa: che cosa causa la forza di gravità? Nessuno lo sa.

«Ci avrebbe pensato lui, da grande, a spiegare da dove venisse quella forza grande che attrae in modo così bello il mare e la luna».

Si ci avrebbe pensato lui, da grande, più in là, perché ora c’è un castello di sabbia da costruire..

… proposito di sabbia …

« … la sabbia è diversa dalle pietre? Cioè, non è forse la sabbia nient’altro che un gran numero di pietre piccolissime? La Luna non sarà magari una pietra enorme? Se capissimo le pietre, capiremmo anche la sabbia e la Luna? Il vento è un’agitazione dell’aria analoga all’agitazione dell’acqua del mare? Quali caratteristiche hanno in comune questi moti diversi? Quanti colori diversi esistono?»

(Richard Feynman, “Sei pezzi facili”, ed. Adelphi)

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Padre

La tenerezza di un padre – Lo stralisco

Lo Stralisco Book Cover Lo Stralisco
Roberto Piumini
Einaudi Ragazzi

C’è un argomento che mi sta molto a cuore, come uomo un tutte le sue declinazioni (figlio, fratello, marito e padre) ed è la Tenerezza.

Credo che questa sia la chiave per diventare pienamente uomo (nel senso non solo di “essere umano” ma proprio di maschio) rifiutando e smascherando nello stesso tempo tutti gli stereotipi tipici di una società latina ed emotivamente analfabeta come la nostra che propone ancora uomini “machi”, anafettivi, potenti e vincenti, indifferenti se non addirittura sprezzanti della cultura, e che “tollera” ( e talvolta anche giustifica) prepotenza e violenza come “effetti collaterali”.

C’è un modo tutto maschile di vivere ed esprimere la tenerezza e lo troviamo in questo strafamoso classico per ragazzi (ma siamo sicuri che sia solo per ragazzi?)

Lo Stralisco di Roberto Piumini, Einaudi Ragazzi

Questa storia ci mostra la figura di un padre, Ganuan, che da un lato è un uomo di autorità e potere, signore della terra di Nactumal, e dall’altro è capace di un amore tenero, umile, rispettoso, delicato per il proprio figlio Madurer, gravemente ammalato di una malattia sconosciuta e incurabile.
Capace di un amore talmente grande da accettare anche di farsi da parte e di chiedere aiuto ad un altro uomo, il pittore Sakumat, altra splendida figura di uomo adulto.
Nel loro primo incontro Sakumat rivolge due domande a Ganuan riguardo a suo figlio, alla sua malattia e alla sua situazione. Ganuan non dà nessuna risposta a Sakumat  ma lo invita a vedere e decidere lui stesso, per non distorcere idee, impressioni, emozioni, portando il suo punto di vista e esprimendo i suoi sentimenti.

Ecco io vorrei essere un papà come Ganuan, vorrei essere un uomo come Sakumat.

A proposito ecco il passo del libro dove si conosce lo Stralisco:

Madurer, un giorno, cominciò ad aggiungere delle spighe sottili, dorate, che spiccavano nell’erba e spingevano, però non troppo, la loro cima nell’azzurro del cielo.

 – Non è grano? Però sembra grano: un grano sottile …
– Sì, è simile al grano. Ma sono spighe di stralisco.
-Stralisco? E’ una pianta che non conosco,

Nessuno lo conosce, – disse Madurer, – é una specie di pianta luminosa.
– Luminosa?
– Sì. Splende nelle notti serene. E’ una specie di pianta-lucciola, capisci? Noi adesso non la vediamo splendere, perché è giorno. Ma di notte illumina il prato.”

Ma sarà nello struggente dialogo finale tra padre e figlio che se si scoprirà cos’è veramente lo Stralisco …

… non so perché, ma a me è venuta in mente la rosa del piccolo principe …

Buona festa del papà.

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Riconoscere una strega

Come riconoscere una strega

Le streghe Book Cover Le streghe
Roald Dahl
Salani

Volete sapere come distinguere una strega vera la notte di Halloween ?

Sono andata a consultare il testo di una dei maggiori esperti che si conoscano:

Le streghe di Roald Dahl, Salani

Ecco come si riconosce una strega:

“La sera dopo, appena fatto il bagno, la nonna mi portò di nuovo in soggiorno per raccontarmi il seguito della storia.
«Questa volta ti insegnerò come riconoscere una strega».
«A riconoscerla con sicurezza?» mi informai.
«Quasi» rispose lei. «E qui sta il problema. Ma quel che ti dirò potrà esserti utile, vedrai».
La cenere del sigaro le cadde sul vestito, e io sperai che la nonna non prendesse fuoco prima di avermi raccontato tutto. «Tanto per cominciare» mi disse, «una strega porta sempre i guanti».
«Sempre?» le chiesi. «Anche in estate, quando fa caldo?»
«Anche in estate. Per forza. E vuoi sapere perché?»
«Dimmi».
«Perché al posto delle unghie ha lunghi artigli aguzzi e ricurvi come quelli dei gatti, e i guanti le servono per nasconderli. Però molte donne portano i guanti, soprattutto in inverno, quindi questo particolare non può essere di grande utilità».
«Anche la mamma portava i guanti» osservai.
«Non in casa. Le streghe li portano anche in casa. Li tolgono solo per andare a letto».
«Come fai a sapere tutte queste cose, nonna?»
«Non interrompere. Ascolta fino alla fine e stai attento. Ecco un’altra cosa da ricordare: una vera strega è sempre calva».
«Calva?» esclamai.
«Calva come un uovo».
Ero sconvolto. Una donna calva? Che assurdità!
«Non chiedermi perché» disse severamente, «ma ti posso garantire che sulla testa di una strega non cresce neppure un capello».
«È orribile!»
«Ripugnante» ammise la nonna.
«Se le streghe sono calve sarà facile riconoscerle».
«Niente affatto. Una vera strega porta sempre la parrucca per nascondere la testa pelata. Una parrucca di prima qualità. È quasi impossibile distinguerla dai capelli veri, a meno di tirarla con forza, è ovvio».
«È quel che farò» dissi.
«Non dire stupidaggini. Non puoi tirare i capelli a tutte le donne che incontri, anche se portano i guanti. Provaci e vedrai».
«Allora i tuoi consigli non servono a molto».
«Nessuno di questi particolari è sufficiente, da solo» disse la nonna. «Ma quando cominci a notarne più d’uno, ecco che diventano importanti. Del resto, portare la parrucca è un problema serio, per una strega».
«Un problema?»
«Una parrucca dà un fastidio terribile. Vedi, se un’attrice porta una parrucca, sotto ci sono i suoi capelli veri, e sarebbe lo stesso per te o per me. Ma una strega deve portarla a contatto con la pelle nuda, e siccome la parte interna di una parrucca è sempre ruvida provoca un prurito insopportabile e fa venire croste e piaghe. Le streghe la chiamano “parrucchite”, e non è una cosa piacevole, te l’assicuro».
«Da cos’altro si può riconoscere una strega?»
«Osserva bene le narici» disse la nonna. «Le streghe hanno le narici un po’ più grandi del normale, con il bordo roseo e leggermente incurvato, come quello di certe conchiglie».
«E perché hanno le narici così grandi?» chiesi.
«Per annusarti meglio. Il loro odorato è stupefacente. Riescono addirittura a fiutare un bambino da una parte all’altra della strada nel cuore della notte».
«Non riuscirebbero a fiutare me, però. Ho appena fatto il bagno».
«Ah, come ti sbagli!» disse la nonna. «Per una strega, più un bambino è pulito, più puzza».
«È assurdo» protestai.
«Ma è così. La strega non fiuta la sporcizia, ma l’odore della pelle di bambino. Un odore che si spande tutt’intorno, a ondate. E queste zaffate puzzolenti (le streghe le chiamano così) arrivano al suo naso dritte come un pugno e la fanno barcollare».
«Senti, nonna…»
«Non interrompermi. È così, ti dico. Se non ti lavi per una settimana, sei sporco. Quindi le zaffate puzzolenti si sentono meno».
«Non farò più il bagno» dissi.
«Basta non farlo troppo spesso. Una volta al mese è più che sufficiente per un bravo bambino».
Era in momenti come quelli che sentivo di adorare la nonna.
«Ma quando è buio fondo» le chiesi, «come fa una strega ad accorgersi che vicino a lei c’è un bambino e non un adulto?»
«La pelle degli adulti per le streghe non ha odore. Solo quella dei bambini puzza».
«Ma secondo te, nonna, puzzo? Proprio in questo momento, voglio dire».
«Non per me» disse la nonna. «Per me sai di fragole con panna. Ma per una strega emani un odore ripugnante».
«Che odore?»
«Cacca di cane».
«Cacca di cane?» gridai, sbalordito. «Non è vero, non ci credo!» «Sicuro» disse la nonna con aria maliziosa. «Per una strega puzzi di cacca di cane appena fatta, fresca e fumante».
«Non è vero, non è vero!» protestai. «Non puzzo di cacca di cane, né fresca né secca».
«È così e basta» disse la nonna. «Inutile discutere».
Ero nauseato. Non riuscivo a credere alle sue parole.
«Dunque, se vedi una donna che si tappa il naso quando le passi vicino, quella potrebbe essere una strega».
Decisi di cambiare argomento.
«C’è altro?» chiesi.
«Gli occhi» disse la nonna. «Osservali bene, perché gli occhi delle streghe sono diversi dai tuoi e dai miei. Guarda con attenzione le pupille: la gente normale le ha nere, ma quelle di una strega cambiano colore, e fissandole ci vedrai brillare fuoco e ghiaccio insieme. È una cosa che fa venire i brividi!»
La nonna, soddisfatta, sprofondò ancor più nella poltrona, soffiando nubi di fumo puzzolente. Mi accoccolai ai suoi piedi, fissandola affascinato. Non sorrideva, anzi aveva un’aria tremendamente seria.
«Ho l’impressione» riprese «che tu non abbia capito la cosa fondamentale: le streghe non sono donne autentiche. Somigliano alle donne. Parlano come le donne. Si comportano come loro. Ma in realtà sono creature del tutto diverse, demoni in forma umana, ecco cosa sono! È per questo che hanno gli artigli, la testa calva, un naso bizzarro e gli occhi così strani. Tutte cose che devono nascondere come meglio possono».
«E cos’altro hanno di diverso, nonna?»
«I piedi. Sono senza dita».
«Non hanno le dita dei piedi!» gridai. «E al loro posto cosa c’è?»
«Niente» rispose la nonna. «I loro piedi hanno la punta quadrata, e basta».
«Allora camminano con difficoltà».
«No, ma hanno qualche problema con le scarpe. A tutte le donne piacciono le scarpe piccole e appuntite, ma per le streghe, che hanno i piedi larghissimi e squadrati, infilarli in quelle graziose scarpine è una vera tortura».
«E perché non portano scarpe larghe e comode, allora?» dissi io.
«Non osano. Così come nascondono la calvizie sotto la parrucca, devono mascherare quegli orrendi piedi deformi con scarpine a punta».
«Dev’essere terribilmente scomodo».
«Terribilmente» disse la nonna. «Ma devono portarle lo stesso».
«Quindi neppure questo particolare mi aiuterà a riconoscerle?»
«Temo di no. Ma se fai davvero molta, molta attenzione, forse ti accorgerai che zoppicano un pochino».
«Cos’altro hanno di diverso, nonna?»
«Solo una cosa, l’ultima».
«Quale?»
«Hanno la saliva blu».
«Blu!» urlai. «È impossibile!» «Blu mirtillo» precisò lei.
«È assurdo, nonna, nessuno ha la saliva blu».
«Le streghe sì».
«Blu come l’inchiostro?»
«Proprio così. E la usano anche per scrivere: basta che lecchino il pennino della stilografica».
«Ma si riesce a vederla? Se una strega parlasse con me, mi accorgerei che ha la saliva blu?»
«Solo se stai molto, molto attento» disse la nonna. «Allora, forse, riuscirai a notare una leggera sfumatura blu sui suoi denti. Ma si vede appena».
«Se sputasse la vedrei bene».
«Le streghe non sputano mai. Non oserebbero».
Non potevo credere che la nonna mentisse. Andava in chiesa tutte le mattine e non dimenticava mai la preghiera prima dei pasti. Una persona così devota non dice bugie.
«Ecco» disse la nonna. «Questo è tutto ciò che so. Non ti sarà di grande aiuto. Non si può indovinare con certezza se una donna è o no una strega semplicemente guardandola, ma se porta i guanti e la parrucca, se ha le narici larghe, strani occhi, i denti sfumati di blu… Allora scappa più svelto che puoi!»
«Nonna» le chiesi, «quando eri piccola hai mai incontrato una strega?»
«Una volta» disse la nonna, «solo una volta».
«E cosa è successo?»
«Non posso dirtelo. Rimarresti inorridito e avresti gli incubi».
«Ti prego, nonna, raccontamelo» supplicai.
«No» ripetè lei. «Certe cose sono troppo orribili per essere raccontate».
«C’entra in qualche modo il pollice che ti manca?» le chiesi.
Di colpo serrò le vecchie labbra grinzose, mentre la mano che reggeva il sigaro (quella senza pollice) tremava impercettibilmente. Io aspettavo, ma lei non mi guardò più, né mi parlò. A un tratto si era chiusa in se stessa. La conversazione era finita.
«Buonanotte, nonna» le dissi.
Poi mi alzai e la baciai su una guancia. Rimase lì, immobile. Uscii dalla stanza pian piano e me ne andai a dormire”.

Ora sapete come riconoscerle ma se volete sapere come sconfiggerle… beh, allora dovete leggere il libro.

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Paura della morte

Non aver paura della morte

L'anatra la morte e il tulipano Book Cover L'anatra la morte e il tulipano
Wolf Erlbruch
E/O

"Già da molto tempo l'anatra aveva come un presentimento.
'Chi sei? E perché mi strisci alle spalle di soppiatto?' 'Bene, finalmente ti accorgi di me' disse la morte. 'Sono la morte.'
L'anatra si spaventò. Non la si può certo rimproverare per questo. 'E adesso vieni a prendermi?'".

Halloween, festa dei santi, festa dei morti.
Da qualunque punto si guardi questo evento (profano e festaiolo, religioso, commerciale, cinematografico, vacanziero e pontaiolo), al centro c’è lei: la morte. L’uomo ne ha riflettuto, scritto, cantato, poetato, dipinto, musicato, ritualizzato da millenni. Siamo letteralmente sommersi di opere d’arte che hanno come tema la morte.La temiamo così tanto che sentiamo il bisogno di rappresentarla in ogni modo. Ho provato a scrivere “Death” e “Life” su google: 1.650 milioni di risultati contro 1.670 milioni. Morte e vita ugualmente ricorrenti. Di solito vediamo la morte, spietata, crudele, inesorabile, incontrollabile, che non scende a patti, che trancia legami e relazioni e, alla fine ci strappa alla vita. La nostra società consumistica occidentale elimina la morte dall’orizzonte del vivere. la nasconde, apparta, confina, svuota, nega … dimentica …Meglio non parliamone con i nostri figli, non portiamoli al funerale, non andiamo al cimitero, non mostrare loro il nostro dolore per la perdita di qualcuno; invece facciamo loro vedere, leggere e ascoltare e vivere il più possibile cose allegre e divertenti. Insomma, trattiamo la morte come trattiamo gli spifferi di aria fredda dalle finestre, le formiche in cucina, le zanzare, i venditori porta a porta, lo spam … teniamola fuori dal nostro spazio vitale.

Oppure …
Oppure cambiamo completamente punto di vista, come per esempio ci suggerisce in modo teneramente sconvolgente questo libro:

L’anatra, la morte e il tulipano di Wolf Erlbruch, E/O

E’ una storia che racconta dell’incontro e dell’amicizia tra un’anatra e la morte. Amicizia? Sì, ho detto amicizia. La morte passa il tempo con l’anatra, parlano, giocano, si riposano, dormono insieme, e con una dolcezza e una tenerezza davvero toccante, è lì, è presente e tiene l’anatra tra le sue braccia, alla fine della sua vita. Non la strappa alla vita ma la accompagna, quasi l’aiuta a compiere l’ultimo atto della sua vita. Pensare alla morte come un’amica. Non avere paura della morte ma “giocarci” insieme. Cominciare a conoscerla e frequentarla già durante la nostra vita. Non evitarla, nasconderla, negarla bensì includerla naturalmente come parte di noi.
Essere intimi, complici con la morte (che non vuol dire necrofili) ma vederla come un tutt’uno con la vita, come il giorno e la notte non sono separabili e anzi si definiscono a vicenda. Esistono l’uno grazie all’altra. E come il giorno anche la notte ha il suo fascino. E come la notte anche il giorno ha il suo mistero.
In fondo, pensandoci bene, possiamo arrivare a dire che noi quando iniziamo a vivere iniziamo anche a morire. La morte non come un evento che ci accade ma come una relazione che si sviluppa … che sia questo il segreto per insegnare ai nostri figli ad apprezzare pienamente e gioiosamente la vita?

Per bambini, e genitori, alla ricerca di senso.

se volete ascoltare la lettura ad alta voce del libro, ecco qua:

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Di chi è questa zampa?

Di chi è questa zampa? Book Cover Di chi è questa zampa?
Maranke Rinck, Martijn van der Linden
Lemniscaat

Sospesi tra due alberi, Tartaruga, Pipistrello, Polipo, Corvo e Capretto dormono su un'amaca. All'improvviso, Tartaruga apre gli occhi. "Ehi", bisbiglia. "Avete sentito anche voi?" La notte è nera, senza luna e senza stelle e i cinque amici percepiscono un'enorme presenza. Chi sarà mai?

Sospesi tra due alberi, Tartaruga, Pipistrello, Polipo, Corvo e Capretto dormono su un’amaca. All’improvviso, Tartaruga apre gli occhi. “Ehi”, bisbiglia. “Avete sentito anche voi?” La notte è nera, senza luna e senza stelle e i cinque amici percepiscono un’enorme presenza. Chi sarà mai?

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